L’artista risponde

D. Che significato dai al vaso?

R. è un pezzo importante della storia dell’umanità, della contemporaneità.  I miei vasi diventano un metodo per esprimere attraverso forme diverse e decorazioni una realtà nascosta in ognuno di noi, delimitando il dentro e il fuori, il vaso nasconde e apre ciò che contiene.

D. Allora è il contenuto a realizzare il significato del vaso?

R. Un vaso chiuso può celare un mistero, un vaso vuoto è segno di capacità recettiva, la sua apertura verso l’alto invoca l’effusione di una presenza che riempia. 

D.  Dunque dall’informe argilla passi alla forma lavorata del vaso, che richiede una mente ispiratrice.

R. Dalle mie mani entrano, scivolano elementi come l’acqua, si avvicinano al fuoco, pertanto un vaso racconta un gesto creativo, dando alla realtà uno spiraglio interpretativo sull’origine dell’uomo.

D.  I tuoi vasi dunque si riempiono di significati e contribuiscono a qualificare il vaso come simbolo di recettività e interiorità, alludendo al mistero dell’esistenza di un corpo e dell’anima, un luogo in cui è racchiusa e circola la vita ricevuta.

R.  Diciamo che entro in linee culturali e religiose, alcuni miei vasi evidenziano delle crepe, in questo caso cerco di illustrare bene la fragilità dell’uomo, sia fisica, che spirituale, entrambi sono fatti di terra, vasi diversi, con smalti diversi, l’uno dall’altro, per non dimenticare l’originalità di ciascun vaso.

D.  Nei tuoi lavori, crei prima il disegno e poi il vaso?

R. Quando disegno entro in una dimensione di tempo, quando creo il vaso in un’altra. Realizzo il vaso senza il disegno preparatorio, ma creo con il tempo della distensione dell’anima, entrando nella rilevazione del soggetto che coglie il passato tramite la memoria, spazio e tempo che possiedono una realtà empirica e una idealità trascendentale che condizionano il modo delle cose di apparire a noi.

D.  I tuoi vasi vengono realizzati al tornio, come ti viene l’ispirazione?

R.  Uso la tecnica detta del colombino o lucignolo, questa antichissima tecnica mi permette di costruire forme di qualsiasi dimensione, a differenza del tornio che presenta delle limitazioni. Realizzare vasi o strutture col colombino ci vuole una profonda concentrazione della mente, specialmente su vasi spirituali, sono diversi i momenti di ispirazione nei quali la forma antropoide ha una motivazione magica o religiosa.

D.  Allora con i tuoi vasi cerchi di coinvolgere l’animo umano, il vaso ti permette una dialettica tra vuoto e pieno, possiamo dire un linguaggio simbolico?

R.  Certamente. I miei vasi rientrano in quel simbolismo, è il più antico e fondamentale metodo di espressione, i miei vasi hanno il pregio di contenere il pensiero delle epoche e i sogni dell’uomo contemporaneo. Secondo il mio pensiero il vaso è una delle espressioni esterne, nell’interno si può trovare la verità più elevata, che viene simboleggiata, quindi i miei vasi non potranno mai essere una semplice forma  come il segno, né può essere capito se non nel contesto del suo interno.

D.  Sei un’artista che con le tue opere, affronti vari discorsi come il mito, la religione, la filosofia, cerchi di comunicare nella società contemporanea, così i tuoi discorsi diventano elementi aggreganti dei tuoi vasi, che fa ricordare un passato comune avvertito come storico e dunque diviene fonte di identità culturale. Porti il visitatore ad un’analisi del vaso, dove poni il problema di comprendere la tua mostra, cioè andare a capire il nesso tra i vasi presenti.

R.  Cerco di trovare la strada per un invito alla consapevolezza. Con i miei vasi cerco di trasmettere la verticalità e l’elevazione dell’anima, cercando di far ricordare il richiamo del passato, il risveglio della coscienza in particolare nella realtà contemporanea. Dalla scoperta di vasi neolitici decorati con motivi geometrici alla preistoria, il vaso cammina nell’arte e nella storia. Ad Atene partecipa alla prima forma di governo democratico, ogni elettore gettava un sasso in un vaso di creta, che poi veniva rotto dai funzionari i quali avrebbero attuato il conteggio finale. Mentre noi europei diciamo che un vaso rotto non sarà mai come prima, per dire che quando spezzi un legame non riavrai mai più ciò che c’era prima, nella filosofia Giapponese invece un vaso rotto sarà più bello di prima, perché saprà di vissuto, proprio come un legame spezzato e rinsaldato con più forza. In Giappone valorizzano la crepa di un vaso rotto riempiendo la spaccatura con dell’oro, un significato infinito che si perde nell’universo. Una tecnica antichissima chiamata Kintsugi che si tramanda ancora oggi.

D.  Dopo aver dato uno sguardo attento ai tuoi vasi, osservo che i smalti diventano comunicativi e sprofondano nella dimensione del vaso, emanando un flusso infinito di luce.

R.  Il vaso quando viene colpito dalla luce si carica di una facoltà dell’emanare, del condividere, accoglie il suo amore incondizionato, la luce arriva a creare il perfetto ricevente, la soluzione e già stata contemplata al momento della creazione del vaso perché è di natura recettivo, portando lo spettatore alla ricerca del vero, dello scopo essenziale dell’esistenza, sui vasi la luce diventa riflesso di una vibrante spiritualità.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             


DOMANDA: Vorrei capire i processi che si esplicano nella formazione delle tue idee, il tuo pensiero d’artista.

RISPOSTA: Con la parola e i movimenti si vive nel mondo umano, così l’uomo diventa capace di azioni, creando il tempo inatteso.

Ogni creatura è unica. Dall’ unico si crea il problema che prima di lui non ci fosse nessuno, ma l’azione di un segno porta al discorso della distinzione. Analizzo la dimensione pubblica in una complessiva decadenza critica della modernità, entro in riflessioni per elaborare segni che sono costretti all’esilio, per accedere ad una comprensione più vasta e profonda dei fenomeni.

 Entro nell’ inarrestabile tendenza a ridurre la realtà ad un insieme di linee misurabili, così nuvole di pensieri rimangono in equilibrio tra forma e contenuti filosofici, l’arte si adagia in una società industrializzata nel quale ogni aspetto dell’esistenza individuale si fonde con la presenza di un modello sociale.

Cerco di delineare una via d’uscita su una dialettica fondata sulla garanzia della riconciliazione finale, dunque si cammina costantemente in equilibrio tra un misto di amarezza e rassegnazione, nella realtà le mie opere diventano negative, colpa dello smascheramento del nesso della ragione. Difatti il mio pensiero non viene decifrato in relazione al contesto sociale, perché il mio tratto grafico rappresenta un’autentica protesta nei confronti della realtà. I miei segni grafici diventano enigmatici e incomprensibili, ma sono capaci ad esprimere la verità sulla condizione dell’uomo moderno che chiaramente è vittima dell’ideologia.

Così mi trovo seduto al centro della mia riflessione, con un pensiero che scandisce oscuri impulsi inconsci, ed una peculiare forma di materialismo antropologico e umanistico. Lavorando nell’alienazione come inversione di senso ed astrazione, che porta al rovesciamento materialistico del segno.

Abbandono lo sfondo della realtà costituito da problemi, creandomi un profondo complesso segno, cercherò di accennare in tono affettuoso e irriverente i dualismi, che accompagnano una volontà di rovesciamento essenziale, sostanziale, dal punto di vista della compiutezza di idee sul piano logico e pratico, verso la grande identità di un eccentrico punto di vista.

Cerco nelle mie riflessioni uno stile, i miei segni sono inscindibili o perfino reversibili, in una ricerca tesa a far fronte alla complessità di una realtà mutevole, trovandomi così di fronte alla complessità di una realtà incalzante e trasformista. Una mistica del divenire può risultare lontana da tale approcci, quasi quanto una metafisica dell’essere. Mi preoccupa l’estetica e la poesia, considerando l’idea di un puro significato che esiste indipendentemente dal segno, un percorso attraverso cui ci avviciniamo alla verità.

 

DOMANDA: Cerco di capire la tua figura d’artista, il tuo silenzio, i tuoi umori, nell’intento di restituire alla realtà una tua fisionomia, ti presenti ad agire relativamente e indipendente, dal variare delle situazioni, e dei contesti, sei solitario e schivo, estremamente consapevole. Ascolti molto, nel silenzio nascono le tue opere, cominci nella realtà a costruire una mitologia d’arte personale, che rispecchia molto la realtà, rendendoti immune da tutte le etichette che ti vengono date.                                                                                                                                                    

 RISPOSTA: Vivo in un contesto determinato dalla scrittura,dove produco idee che rientrano nelle caratteristiche che si basano su una fenomenologia trascendentale,divido l’arte in due, analizzo l’etica, entro una struttura logica, cercando la distinzione tra segno ed estensione. Due segni diversi che creano un modo poetico, arrivando alla definitiva espressione della sostanza modificata. In sostanza il segno che proviene dal mondo esterno alla mente, esiste solo quando è percepito dall’artista, questo modo di vedere si chiama segno sostanzioso, questi segni non sono dunque costruzioni della mente.

Pur negando la possibilità delle cose, si entra in una realtà agnostica del disegno creando un segno più moderato e razionale, una funzione di risveglio dei sogni dogmatici, della metafisica, nella sua totalità sia finito che infinito, dimostrarlo e pensarlo, con i propri concetti, creando una razionalità inconoscibile.

Bizzarra la mia figura con velleità filosofiche, innamorato della mia esperienza calcografica, immerso nella fonte inevitabile del segno ambiguo, entrando nel regime concorrenziale di desiderio mimetico. Una quantità di cognizioni oggettive di tagli, portando alla luce le sue illuminanti linee di intuizioni grafiche, di ordine psicologico ed esistenziale, che mi permette un adeguato teoretico grafico.

Autoritratti continuamente variati, scondita dall’alternanza di innumerevoli tonalità emotive, la mia condizione mentale costantemente perturbata, un carattere tragico di una verità intimamente contraddittoria. Linee incisorie che entrano in singole parti del metallo, come crudele fatalità, la molteplicità del segno attraverso la subordinazione gerarchica degli istinti. L’artista vive in terre desolate della follia, perdendo di vista la sua peculiare cognizione del dolore, chiave di lettura per intendere le trasformazioni del pensiero, bensì l’esito corrente.

L’influenza del mio pensiero, abbraccia un’area di segni che si estendono all’azione, di un realismo intenzionale, legato al problema del significato, inventando eventi mentali, come credenze e desideri, ma cosa determina il significato delle mie parole?

A tale domanda è necessario ritornare nel pensiero-linguaggio, cioè ciò che un artista intende, con ciò che dice dipende, ed ecco un segno che risponde alla contemporaneità, alle risposte di somiglianza dell’altro, non fornisce una spiegazione del processo interpretativo, ma crea una domanda sulle condizioni di possibilità del suo inizio.

 

DOMANDA: Sei un’artista interessato alle problematiche del tempo, cogli, interpreti ed esprimere i mutamenti sociali e culturali, osservi la differenza tra realtà psichica e realtà fisica. Infatti l’esperienza ha la caratteristica di essere unità differenziata di pensiero e realtà. La tua linea incisoria inizia in una serie di segmenti modificando le curve più interessanti, creando degli sviluppi che passano attraverso l’attenzione di vari legami che provengono dai sensi, arrivando alla più assoluta astrazione e al dominio della logica pura.

RISPOSTA: Con la mia arte mi trovo nei solidi platonici e negli elementi di Euclide. Combinando linee scorrevoli, creando l’ambito più naturale della visualizzazione, quello delle figure umane.

Il mio studio di linee mi portano a lunghe riflessioni, rappresentare o raffigurare la parte visibile della realtà. Mi trovo dentro l’immaginazione creatrice di punti essenziali, smarrito, ed interdetto, fino a comprendere che tali linee della natura non sono esclusive ma costruiscono tappe successive verso la finale visione poetica della natura stessa.

Intendere l’idealismo magico nella fase neoplatonico, cioè la poesia come principio cosmico, la meraviglia deve essere però distinta dallo stupore che scaturisce la visione. Dunque un’arte del nulla, che definisco un segno del suo andare, al di là delle cose e della realtà, mentre la realtà di per sé non ha alcun senso senza l’amore, si vive in un punto della libertà che cade nell’immaginazione, ostacolato dal valutabile.

Vuol dire, decidere direttamente dei propri atti, pulsioni, e intenzioni, esulano dalla ragione, formando l’angoscia di fronte al possibile. Mi scopro così, condannato ad esistere sempre al di là della propria essenza, questa realtà, cieca e opaca, che si presenta nella speranza di poter evadere, nascono segni di una netta negatività, facendo affiorare le emozioni, che contemporaneamente, costruiscono soggetti vuoti di sé, è della propria condizione, recitando sempre una parte.

Una presunta discriminazione fra verità analitiche che si basa sul significato dei termini, escludendo dati di fatto, creando una linea e segno sintetico, offuscata dalla distinzione fra metafisica e la verità di ragione. In realtà non chiarisce molto le idee, infatti la distinzione delle due linee che diventano segni, alzano l’importanza ad un’arte con dei termini astratti, una realtà in estensione, ma di certo con un diverso significato. Mi trovo così di fronte al problema del segno e di linee riciclate, critiche avariate, che continuano a ripetere le notazioni fondamentali dell’arte già vissuta, entrando nella povertà delle locuzioni fondamentali.

Per non essere tendenzioso e non dare l’illusione di far luce sul termine, mi si pone il problema di dar senso all’espressione. Cammino selvaggiamente nei segni, subendo sorprendenti cambiamenti e diverse metamorfosi. Osservo autentiche linee miliari, ed una grande esigenza indistruttibile, che gli umani hanno di legare la loro vita a qualcosa di superiore e sacro.

 

DOMANDA: I tuoi disegni vagano verso l’infinito, sull’equilibrio, sulla delicatezza di prospettive, cercando di definire una linea giustificativa di sviluppo e di approdo. Tuttavia ti lasci la possibilità di orientare una soluzione plausibile dell’arte, ma queste tue parole non entrano nella norma. Quanto alla determinazione, si limita a indicare pensieri artistici senza durata e successione nel tempo.

RISPOSTA: In linea di massima senza una datazione, riducendo operazioni di calcolo mi si creano dei punti di riferimento, il palese e sostanziale atteggiamento critico e il desiderio di apprendere distinguendo il vero dal falso, per vedere chiaro nelle azioni e per poter procedere con sicurezza verso l’opera d’arte.

Il principio del funzionamento, della conservazione del movimento, ciò che è in movimento nel vuoto, continua a muoversi in esso, entrando nella considerazione degli infinitesimali coordinate per creare rapporti tra le grandezze variabili del movimento. Assegno alle linee variazioni dello spazio tempo, salto l’impostazione inconsueta dei manuali tradizionali, cerco una valutazione, delineando la consapevolezza, della situazione ambigua.

Osservo il procedere metodico, nell’ambito dell’uso dell’istinto, i miei segni mi portano alla ricostruzione di un momento decisivo nello sviluppo della ricerca e della riflessione. Questi pensieri, non servono per impegnare il convincimento. Di seguito non comporta l’adesione alle opinioni ma si entra nella concezione della duplice riduzione della materia ad estensione.

Osservo la forma, il contenuto e le dimensioni, le modificazioni di figura e l’estensione sempre omogenea a se stessa, quindi mutamenti, modificazioni, alterazioni, regole sulla collisione di linee. Mi soffermo a considerare la radice della realtà complessa, così l’inserimento del colore sarebbe posteriore per motivazioni diverse, non trovo in questa realtà, il problema della formazione del puro segno, un punto di riferimento obbligato.Da questa unità entro in segni pieni di implicazioni, ottenendo l’interpretazione, ma alcuni scelgono le copie, come soluzione disperata per uscire dal dubbio.

Massimo Gabriele Gatti